DINAMISMI 2017
Di Bernardo Rietti Toppeta
INCANTO a cura di Antonio Zimarino
Sabato 23 dicembre 2017
Sinonimi di fine anno di Antonio Zimarino
Nel progetto In Natura a cui ho partecipato quest’estate con un piccolo testo, sostenevo la necessità
che noi umani dobbiamo avere di imparare a leggere il Gran Libro della Natura, cioè, l’universo
di significati che storicamente abbiamo dato alle cose che esistono. Noi uomini cerchiamo di interpretare ciò che non conosciamo e nel corso dei secoli attribuiamo dei significati agli elementi della Natura, dei quali
poi spesso ci dimentichiamo nello scorrere delle cose. Fermarsi e rallentare offre la possibilità di rivedere e ripensare e “rivedere e ripensare” sono esattamente i modi che abbiamo per recuperare il “senso” delle cose
o almeno, delle ipotesi al loro riguardo che possano soddisfare la necessità di spiegar qualcosa. Le parole dette dagli attori della performance che si è realizzata il 30 agosto, in relazione a quella installazione,
erano “sinonimi” che evidenziavano l’identità dell’operazione stessa che a suo modo ricordava la necessità di scoprire la densità delle parole, la loro capacità evocativa e quindi, la capacità di costruire una possibilità
di immaginazione interpretativa, che è poi ciò che ci apre alle ipotesi dei significati. Anche adesso, arrivare a ricordare questo, alla fine convenzionale di un anno diventa poi il modo di fermarsi e
ripensare a quanto fatto durante lo stesso; può essere un momento di ripensamenti, bilanci, e perché no, rimpianti su ciò che si poteva fare e non si è riusciti a fare.
Le cose però non stanno così: i concetti di “fine d’anno”, “la fine di un periodo” nella nostra tradizione ancestrale, non sono legate esclusivamente ad un’idea di “conclusione”: è singolare invece che,
convenzionalmente noi finiamo un “anno”, un periodo celebrando una “nascita”.
La tradizione cristiana ad esempio, si è inserita nella logica di un lungo percorso di tradizioni ancestrali legate ai cicli naturali e cosmici sottolineando
spiritualmente ciò che in quelle antiche tradizioni rinasceva “cosmologicamente”.
L’idea ciclica di una fine e di una rinascita è quindi dentro la nostra psicologia e il nostro immaginario, dentro l’idea stessa delle nostre relazioni e questo l’arte lo ha sempre saputo e lo ha sempre
detto semplicemente essendo se stessa: fare “arte” è fare ipotesi, immaginare o rileggere diversamente le cose, proporre, rivedere, rielaborare, ridire o dire, è un ciclo stesso di proposte e riproposte,
è conclusione di un processo di riflessione e di lavoro e ricominciamento dello stesso.
Quindi è nell’arte, l’idea che non si fermi mai quel ciclo continuo di scambio reciproco di pensieri e di cose che ci definiscono e ci qualificano come “umani”. Il lavoro degli artisti ha
sempre qualcosa a che fare con il dono, se è lavoro onesto e sincero, al di là di ogni quantificazione economica e mediatica: per cui come critici e come pubblico dobbiamo accettare il “dono”
che ci sia ancora e sempre qualcuno che spesso con grande sacrificio, continui a proporci cose diverse. Piccole o grandi, non importa poi tanto, importa piuttosto poter condividere e potersi
aiutare a far rinascere reciprocamente qualcosa di nuovo e di darsi reciprocamente la possibilità che si possa ancora fare e dire dell’arte, cioè di darsi la possibilità di pensare “oltre” ciò
che sembra finire, di immaginare oltre ciò che sembra sia già stato detto. Insomma, diamoci reciprocamente il dono di rinascere ogni volta un po’ più “umani”.
Di Bernardo Rietti Toppeta
SINONIMI performance con Simone Borghese & Chiara Chiappini - 30 agosto 2017
estratto dall’evento IN NATURA installazione site-specific a cura di Antonio Zimarino - 5 agosto 2017
Testo della performance
La natura come fonte di arricchimento della conoscenza umana possiede una potente
capacità di suscitare sentimento e infonde immediatamente in chi la osserva, magnificenza
e splendore in modo diretto e istintivo.
Sinonimi: abilità, abitudine, ambiente, anatomia, anima, animo, argomento, aspetto,
attrazione, bontà, campana, carattere, caratteristica, carne, categoria, chiarezza,
chiave, civiltà, classe, commissione, compagnia, comunità, connotazione, consegna,
coscienza, cosmo, costituzione, costrutto, creato, creazione, cultura, cuore, decisione,
derivazione, discendenza, discesa, disponibilità, dote, dunque, economia, energia,
essenza, essenziale, essenzialità, essere, famiglia,fatta, fattura, fibra, fiducia, figura, fila,
foggia, fonte, forma, formazione, forza vitale, gamma, generazione, genere, gruppo,
inclinazione, individualità, indole, infinito, intenzione, istinto, lega, legge, lettera, linea,
maniera, mano, matrice, mente, merce, misura, modello, modo, mondo, nocciolo,
nodo, norma, ordine, organizzazione, origine, paesaggio, panorama, particolarità,
passione, pasta, peculiarità, persona, personalità, piega, predisposizione, preferenza,
prerogativa, principio, problema, proprietà, prospettiva, provenienza, psiche, psicologia,
punto cruciale, qualità, questione, quid, radice, razza, requisito, salute, sangue, scena,
schiera, serie, settimana, simpatia, sintesi, sistemazione, società, sodo, sorta, sostanza,
specialità, specie, spessore, spirito, stampa, stampo, stile, stoffa, struttura, successione,
succo, taglio, temperamento, tempra, tendenza, terra, tessuto, tipo, tranquillità, universo,
vagina, varietà, veduta, vena, veste, vigore, virtù, vista, vitalità, vivo, vocazione, vulva.
Francesco Di Bernardo | Alessandro Rietti | Francesco Toppeta
INTRUSIONE IV PARTE per la notte in bianco
Lunedì 14 agosto 2017
Di Bernardo Rietti Toppeta
INRI: DAL PATIBOLO voce narrante di Irene Cocchini
Giovedì 13 aprile 2017
In passato, le opere religiose erano pensate e realizzate essenzialmente per la collocazione in luoghi sacri e l’ostentazione in esclusivi riti liturgici. L’installazione sonora INRI: dal patibolo, nasce invece in un sito non spirituale, e vuole essere un intervento pensato e inserito in un preciso contesto laico allo scopo di interagire con l'ambiente circostante senza tralasciare gli aspetti della sua identità e della sua storia. L’installazione consiste in tre pannelli in PVC, ogni tela supporta una croce e su tutta la superficie del fondo vengono ripetute ossessivamente le sette frasi pronunciate da Gesù durante il calvario. Quelle stesse frasi vengono contestualmente declamate, con voluta forza ridontante, da Irene Cocchini voce narrante della compagnia teatrale Orfeo Folle. Le croci, speculari tra loro, e precisamente la centrale figurante Gesù il Nazareno, la sinistra il ladrone cattivo Gesta, la destra il ladrone buono Disma, sono state costruite dall’assemblaggio di piccoli tasselli di materiale plastico. Un mosaico monocromatico dalla composizione rigorosamente bilanciata, in equilibrio tra ricerca iconoclastica e sperimentazione. La concatenazione delle tessere plastiche assume un processo di frammentazione e ricostruzione della materia e della forma, ricerca del significato e del significante, allusione al concetto della crocefissione e della resurrezione del Cristo. La posizione spaziale, la composizione monocromatica del materiale in PVC, l’armonia della voce femminile sinonimo di universalità, vogliono suscitare stati d’animo contemplativi e rispetto della memoria e della cultura liturgica, omaggio e rivisitazione di un rito antico in lessico contemporaneo.
LE SETTE FRASI PRONUNCIATE DA GESÙ SUL PATIBOLO voce narrante di Irene Cocchini
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
Dal vangelo secondo Marco (15, 33-34)
Quando fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra no alle tre del pomeriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: “Eloì, Eloì, lema
sabactani?”, che significa: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”.
“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”
Dal vangelo secondo Luca (23, 33-34)
Quando furono arrivati sul posto detto luogo del Cranio, prima crocifissero Gesù e poi due malfattori: uno a destra e l’altro a
sinistra di Gesù. Gesù diceva: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”. I soldati intanto si divisero le vesti di Gesù, tirandole a sorte.
“In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso”
Dal vangelo secondo Luca (23, 39-43)
Uno dei malfattori appesi alla croce, insultandolo, diceva: “Non sei tu il Messia? Salva te stesso e noi!”. L’altro invece si mise a
rimproverare il suo compagno, dicendo: “Tu che stai subendo la stessa condanna non hai proprio nessun timore di Dio? Per noi
due è giusto scontare il castigo per ciò che abbiamo fatto, lui invece non ha fatto nulla di male”. Poi aggiunse: “Gesù, ricordati di
me quando sarai nel tuo regno”. Gesù gli rispose: “Ti assicuro che oggi sarai con me in paradiso”.
“Donna, ecco tuo figlio… Ecco tua madre”
Dal vangelo secondo Giovanni (19, 25-27)
Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala.
Gesù, allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava,
disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!”. Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese con sé.
“Ho sete”
Dal vangelo secondo Giovanni (19, 28-29)
Dopo questo, Gesù, sapendo che tutto era stato compiuto, disse, per adempiere la Scrittura: “Ho sete”. C’era lì un’anfora piena
di aceto: bagnarono una spugna di aceto, la misero in cima alla canna e gliela accostarono alla bocca.
“Padre, nelle tue mani affido il mio spirito”
Dal vangelo secondo Luca (23, 44-46)
Verso mezzogiorno il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio. Il velo del tempio si squarciò nel
mezzo. Allora Gesù gridò a gran voce: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Detto questo spirò.
“Tutto è compiuto”
Dal vangelo secondo Giovanni (19, 30)
Dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: “Tutto è compiuto”. E, chinato il capo, emise lo spirito.
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